11/07/15

Da giorni non scrivo niente

Da giorni non scrivo niente, nemmeno una riga di appunti, che so, un’idea da inserire nel mio quinto ormai mitologico libro in stesura da anni. Le notti passano a intervalli di una, due ore, scanditi dal pianto del bambino, i giorni non sono diversi.
Un neonato cambia le prospettive sul presente e sul futuro, dà nuovo valore al tempo a disposizione, inocula un senso critico prodigioso nell’incontro con il prossimo, con l’immagine nello specchio e anche nel leggere, tra un pianto e l’altro, gli articoli e i commenti su quanto accade.
Da questa distanza, ovvero dall’invidiabile prospettiva del neogenitore, gli eventi e i commenti appaiono stranamente diversi, spesso ridimensionati, spessissimo assai chiari.
Le notizie sulla Grecia per esempio riuscivano a confermarmi in modo tutto nuovo la meschinità dell’Italia. I commenti ai medesimi mi facevano ridere, quasi tutti, quasi sempre. Un titolo di “Libero” e alcuni articoli de “L’Unità” mi confermavano da parte loro che niente è per sempre, nemmeno i diamanti in realtà, figurarsi il giornalismo italiano.
Nell’insieme, posso dire che mi aggiro per casa e per le vie di Genova con un sorriso da ebete, canticchio motivetti a mio figlio, ne osservo il comportamento e più lo faccio, più ogni altra persona mi conferma quanto segue.
Che siamo neonati per sempre. Che, nel complesso intrico delle nostre menti da adulti, per quanto cerchiamo di nasconderlo agli altri, ciò che conta per noi è sempre lo stesso inevitabile alternarsi dei quattro Grandi Eventi personali noti al nostro inconscio con i nomi di Pappa, Nanna, Pipì, Cacca.