16/10/15

16 ottobre 2013

[Pubblico qui un brano tratto dal libro che sto scrivendo adesso, non esattamente un romanzo. Lo pubblico oggi, 16 ottobre 2015, per il secondo anniversario della morte di Luigi Bernardi]

Il dolore mi ha pedinato per molto tempo, da quando Luigi mi disse della malattia e ben dopo la sua morte mi ha tampinato, il dolore, per esplodere a momenti. Mi ha spezzato le ginocchia la mattina del suo funerale, al quale sono arrivato in ritardo perché poco prima di uscire di casa, dove all’epoca vivevo da solo, ho dovuto piegarmi in due, ho dovuto flettermi sull’addome, fare piano per non allarmare i vicini, sedermi a terra sul pavimento della cucina, restarci per il tempo necessario. Eppure ancora alle volte non riesco a crederci, che Luigi sia morto. Per anni abbiamo condiviso la quotidianità, lavorando ogni giorno insieme, e ancora oggi mi capita di sognarlo. Faccio sogni ricorrenti in cui mi contatta e mi chiede di vederci in segreto, mi rivela di non essere affatto morto, di aver inscenato il tutto, con tanto di ospedale, funerale, solo per potersi togliere dai coglioni i rompicazzo. Di solito, in questi sogni mi dà appuntamento in posti isolati, una casa al lago, una baita in montagna, ma più spesso nell’isolamento di una metropoli francese, Parigi o Lione, cosa che sarebbe benissimo da lui, per inciso, e in questi casi ci prendiamo un caffè al tavolino di un bar quasi sempre dalle parti di Place de la République a Parigi, e siccome la scena è in un certo senso plausibile, fidatevi, ogni volta mi convinco che sia alquanto verissima, e bellissima, e rido con lui per come ha gabbato tutti, e mi incazzo solo un po’ per aver ingannato anche me e, quando mi sveglio, una parte di me continua a pensarlo lì, vivo a Parigi, che ride di noi convinti che sia morto.