31/07/12

A proposito della maggioranza dei lettori

Articolo apparso su Agorà e ripubblicato da be-pop




Qualsiasi discorso sull’attuale situazione della letteratura italiana dovrebbe partire dall’analisi di un disagio economico così importante che influenza la creatività.

Sappiamo che l’editoria è in crisi. Più esattamente, il mercato editoriale è come una pozzanghera con poca acqua a cui cercano di abbeverarsi mandrie. E sappiamo che le case editrici, per esistere, hanno bisogno di soldi. Così come, da parte loro, gli scrittori hanno diritto di guadagnare. Ma la conseguenza forse più triste di questa crisi è che, con il passare del tempo e l’acuirsi del problema, la necessità di vendere libri ha finito con l’influenzare anche le idee di scrittura.
Occuparsi di libri oggi significa pure questo: passare ore interminabili a parlare di generi narrativi e argomenti che «vanno» o «non vanno più», come certi tagli di giacche. Cioè di ciò che «vuole la maggioranza dei lettori». E a me, ogni volta che sento nominare la «maggioranza dei lettori», si contrae il labbro superiore.

Mai come in questi anni abbiamo potuto verificare che i gusti della maggioranza non esistono. Esiste semmai la possibilità di manipolarla, di pilotarla verso l’apprezzamento di questa o quella cosa, usando strumenti di vario genere. Di suo, la maggioranza è semplicemente priva di idee. Ciò perché l’ignoranza predomina. E, per quanto dirlo possa sembrarvi cinico o scorretto, lo sapete bene anche voi.
Esistono persone che credono nei rettiliani, per dire. Non solo ci credono: crescono di numero e organizzano convegni, raduni, conferenze. Sostengono che a governare segretamente il mondo sia una razza di uomini-rettile: mutanti dotati di conoscenze segrete che si trasformano in umani e diventano capi di stato o dirigenti vari. E non potete negare che sia anche questo che desidera la gente: dico, per esempio, individuare i responsabili di attentati e guerre – nonché dei nostri problemi economici e di qualsiasi altra cosa vi venga in mente – in un gruppo di persone in grado di trasformarsi in rettili assai alti di statura.

In questo momento storico, un serio difetto dell’editoria e dell’informazione sui libri è che, adottando logiche da marketing, si è deciso di spingere il pubblico a interessarsi solo ai libri «più venduti». Operazione che forse invoglia all’acquisto, ma che allontana molta gente dal piacere più autentico della lettura.
Uno dei romanzi più importanti degli ultimi anni è Resistere non serve a niente di Walter Siti: il libro che oggi meglio svela la realtà in cui viviamo, ma anche un romanzo che la maggioranza abbandonerebbe a pagina dieci. Del resto la maggioranza tenderebbe ad abbandonare anche, non so, La vita agra di Bianciardi, o autori come DeLillo e Pynchon, per non dire Kafka.

Quanto ai cosiddetti lettori forti, anche i loro gusti variano più di quanto noi stessi siamo disposti ad ammettere, perché la verità è che non esiste romanzo nella storia della letteratura che possa essere davvero apprezzato da chiunque, nemmeno i classici, nemmeno i capolavori.
Fin dalla scuola, possiamo educare i ragazzi alla grandezza e al genio dei grandi scrittori, ma non possiamo dimenticare che presi singolarmente odieranno Calvino e ameranno Hemingway, o odieranno Hemingway e ameranno Calvino: i libri toccano le sensibilità individuali, e si rivolgono a livelli di intelligenza straordinariamente lontani tra loro.

L’idea del libro «che piace a tutti» è semplicemente sbagliata. È in parte figlia delle logiche del marketing e in parte di luoghi comuni radicati in ciascuno di noi, proprio a causa dei programmi scolastici, per i quali l’intera storia della letteratura somiglierebbe a una successione cronologica di testi che «tutti amano».
Ma è un’illusione. Ed è un’illusione dannosa, perché chi si avvicina alla lettura ha il diritto di sapere che esistono ed esisteranno sempre altri modi di scrivere, rispetto al primo in cui si imbatte e che potrebbe non gradire.
Anzi, i libri esistono anche per andare incontro al nostro bisogno individuale di essere diversi dalla maggioranza. E, come autori e come editori, non possiamo dimenticare ciò che la letteratura ha sempre fatto: offrire alternative, altri punti di vista, sperimentare e osare. Cioè l’esatto opposto della direzione che sembrano aver preso non solo scrittori ed editori, ma anche la critica letteraria, ogni giorno meno interessata a scovare nuove voci e riconoscere valore a eventuali nuove tendenze.

Non c’è da stupirsi, allora, se con l’arrivo di Amazon in Italia e il mercato degli ebook in crescita, alcuni parlano di nuove opportunità.
Naturalmente, ci sono case editrici e distributori di ebook che si sono già buttati nel business sfoderando la solita gamma di specchietti per allodole: grandi sconti, bestseller «imperdibili», sedicenti capolavori sui vampiri, mostri medievali e credo licantropi. Ma che ci piaccia o no – e per quanto si possa criticare Jeff Bezos o chi per lui – il web ci prospetta un futuro dove la reperibilità dei testi non sarà più condizionata da strategie di vendita, per essere invece di fatto incondizionata. Quanto alla visibilità dei libri più meritevoli di attenzione, il web permette ai lettori stessi di votare, consigliare, recensire e in sostanza suggerire agli altri cosa leggere, fino a condizionare le vendite.

Ma intendiamoci: con questo non spero affatto in un processo di democratizzazione, con il voto dei lettori in grado di decretare successi e fallimenti. Scelti dalla «maggioranza», i libri mi interesserebbero ancora meno di quelli scelti dalle logiche di mercato. Sono certo che, democraticamente, un ebook a 0,99 sul complotto dei rettiliani potrebbe diventare un bestseller: la gente amerebbe sapere che Andreotti si trasforma nottetempo in un lucertolone alto tre metri.
Da lettore, spero invece in uno spazio dove poter trovare libri e autori che parlano alla mia intelligenza. E già adesso la tecnologia mi permette scambi diretti con lettori a me affini, e mi consente non solo il passaparola ma anche l’immediata reperibilità di titoli altrimenti introvabili: un’alternativa preziosa alle logiche da supermercato che, senza Internet, avrebbero già spazzato via le case editrici meno omologate.