15/11/12

Intervista a cura di Giovanni Turi




Alcuni scrittori non perdono occasione per ringraziare il proprio editor, altri per lanciargli critiche più o meno velate; taluni lo considerano un coautore, altri poco più che un redattore o un semplice lettore professionista… Chi è per te l’editor e qual è il suo ruolo?
Lo racconta bene il tuo blog: molti non sembrano sapere che l’editor è un editor, cioè né un coautore, né un impiegato negligente, né un dispensatore di favori. Il suo ruolo è il più importante dopo quello dello scrittore e il suo lavoro deve sapersi adattare caso per caso. Personalmente, essendo anche un autore, io cerco di essere l’editor che vorrei per i miei testi: qualcuno che anzitutto li sappia apprezzare e rispettare.

Qual è stato il percorso che ti ha portato a svolgere questa professione?
Per alcuni anni ho frequentato corsi di editoria e collaborato occasionalmente (e abbastanza sterilmente) con case editrici e agenzie letterarie. Nel 2007 ho pubblicato il mio primo romanzo per Perdisa Pop e, da allora, Luigi Bernardi (fondatore e all’epoca direttore del marchio) ha iniziato a coinvolgermi nel lavoro per la casa editrice, prima come lettore e redattore, poi come editor e curatore di collana. Nel 2011 la direzione di Perdisa Pop è passata a me.

Spesso si lamenta un aumento della narrativa di intrattenimento, un eccessivo accanimento nella ricerca del possibile bestseller, così come una certa uniformità di stili e forme a scapito di una produzione editoriale guidata da valori prettamente letterari. Quanto il “mercato” influenza il tuo lavoro?
Credo che i fenomeni di cui parli siano ormai degenerati: più che di tendenze si tratta di imposizioni che gli stessi lettori stanno subendo. Negli ultimi anni il mercato editoriale è passato nelle mani di professionisti della vendita che non nascondono la propria ignoranza di lettori, ovvero una seria incompetenza su ciò che vendono. Nella loro ottica da commercianti un libro vale l’altro, per cui ne prendono alcuni a caso e ne fanno prodotti per le masse. L’errore è credere che il successo di quel prodotto dipenda dal tipo di libro, ed è un errore in cui cadono anche molti addetti ai lavori. Così si fanno e si incensano libri simili e mediocri, illudendosi che il pubblico li gradisca, salvo poi lamentarsi se nessuno li compra e accusare la gente di non leggere. La verità è che il bestseller di quest’anno non è soltanto un romanzo insignificante, è anche equivalente – per tematica, forma e contenuto – a un’infinità di suoi simili che restano meritatamente invenduti: è ovvio che il suo successo dipende soltanto dal fatto che si è investito per farne un caso commerciale. Venendo al mio lavoro, io penso che l’editoria così concepita non sia solo triste, ma anche destinata al fallimento: appena smetteranno di credersi più colti solo perché leggono qualcosa, anche i cervelli più pigri vedranno questo genere di libri come qualcosa di semplicemente più costoso e meno soddisfacente di tivù e internet. Come intrattenimento dozzinale, il libro non ha futuro: per avere un futuro deve tornare a essere veicolo di intelligenza e offrire alternative al pensiero comune.

Quale delle opere da te curate ritieni che non abbia ancora ottenuto il giusto riconoscimento?
Sono sincero: quasi tutte. Secondo me Perdisa Pop sta pubblicando libri e autori italiani tra i più interessanti del momento, ma data la situazione di cui ho appena parlato, insieme ad altre ragioni indipendenti dalla nostra fatica e dai meriti, non riescono ad avere le giuste attenzioni da parte della critica, delle librerie, dei premi letterari…

Spesso gli aspiranti scrittori hanno atteggiamenti persecutori o arroganti, o semplicemente dimostrano di non conoscere affatto la realtà con cui devono confrontarsi. Un episodio simpatico o grottesco che ti è capitato?
Il migliore dell’anno direi che è questo: «Paolacci, sto cercando un buon editore per il mio primo romanzo. Ho sentito parlare bene di te, ma non conosco i libri Perdisa Pop. Potresti regalarmene qualcuno in modo che possa decidere se pubblicare con voi?»