19/02/15

Mondadori acquista Rcs, e io?


Dunque è ufficiale: ieri Mondadori ha reso pubblica l'offerta d'acquisto. E così da ieri gli addetti ai lavori cercano di spiegare ai lettori che, se Mondadori acquista Rcs Libri, le conseguenze potrebbero essere funeste.
Spiegarlo sembra necessario anche perché gli effetti di questa operazione potrebbero restare del tutto ignoti ai profani: i singoli editori del gruppo Rcs (oltre a Rizzoli e Bompiani c’è anche Adelphi, per dire) potrebbero mantenere (almeno per un po’) una linea autonoma, anche di qualità, e il disastro resterebbe invisibile ai più.
Ma ci sarebbe eccome, inutile dirlo: se tutta la baracca finisce nelle mani di un unico soggetto, l’autonomia e la qualità non sarebbero più garantite dalla libera concorrenza (ehm, come oggi?), ma solo dalla volontà di quel soggetto.
Per questo, da quando la notizia è pubblica, molti addetti ai lavori hanno reagito, con il consueto diciamo-ottimismo, sottolineando che siamo alla catastrofe totale: presto sarà impossibile promuovere l’originalità (ehm, come accade oggi?), ci venderanno solo ciofeche e penalizzeranno i libri diversi da quelli che vuole il pubblico di massa (mentre oggi… ehm).
«Dovrebbe intervenire l'Antitrust», scrivono alcuni: «Un unico soggetto arriva a controllare più del 60% di un mercato: è uno scandalo!», «È la pietra tombale sull‘editoria italiana», ecc.
Insomma è l’inizio di un’editoria dittatoriale?

Siamo seri. Non è affatto l’inizio.
La creazione di una sorta di Editore Unico in Italia è un’operazione in corso da anni. L’unione di Mondadori e Rcs, per intenderci, non sarebbe nemmeno un grosso problema se gli editori piccoli e medi potessero comunque combattere ad armi pari, se cioè l’Editore maiuscolo non nascesse quando i distributori, le librerie di catena e i mezzi di informazione sono assorbiti, unificati o controllati da un sistema che ha già affossato l’editoria piccola e media.
Chi mi segue sa di che parlo, dal momento che ne parlo da anni. Ma chi mi segue sa pure che non ne parlo soltanto: ho proposto soluzioni, lanciato iniziative, ho cercato di superare il vittimismo e la lamentela con concretezza e realismo.
E lo scorso ottobre è nato Progetto Santiago, non senza fatica, non senza paura, ma è nato e – se non si fosse capito – è nato proprio per queste ragioni.
Del resto, alla nascita di Progetto Santiago gli addetti ai lavori reagiscono di massima in tre modi, in base ai casi: a) con il sostegno, l’interesse o l’adesione convinta, b) con il tentativo di critica di stampo più o meno trollista, c) con il silenzio o la balbuzie, un po’ come Arthur Fonzarelli quando doveva dire «Ho sbagliato».