09/02/17

La mia prima grande lezione di scrittura

La mia prima grande lezione di scrittura l'ho avuta al liceo, da un compagno di classe.
Avevamo scritto un tema sul suicidio, dopo un fatto di cronaca che non ricordo, ma che riguardava qualcuno della nostra età che si era ucciso.
E io, pigro come spesso ero al liceo, scrissi il tema che sapevo sarebbe piaciuto al professore. Scrissi che chi si ammazza lo fa per debolezza. Che invece bisogna combattere. Eccetera.


Non so se lo pensassi davvero. In verità credo che non ci pensai affatto.
Mi limitai a fare quello che ci si aspettava da me, forse giusto preoccupandomi di non passare per aspirante suicida o qualcosa del genere.

Così scrissi il tema facile: quello diciamo già scritto dalla retorica intorno a me, mi capite, vero?
E siccome ero bravo a scrivere, come spesso succedeva, il professore decise di leggere il mio componimento alla classe. 

Benissimo. Bravissimo, mi disse dopo. Torna al posto.
Poi lesse anche il tema di un mio compagno.
Scritto meno bene del mio, disse, e molto più discutibile nei contenuti. 

Anche il tema del mio compagno parlava di coraggio. Ma lui cercava di spiegare il coraggio che ci vuole a togliersi la vita.
Parlava di quanto fosse assurdo giocare alle regole assurde di un gioco che non si è scelto.
Parlava del rispetto che tutti noi dovremmo avere per chi soffre tanto da decidere di uccidersi. 

Era vero, e vivo, quel tema.
E diceva quello che pensavo anche io, ma questo lo capii solo ascoltandolo.
Quel tema del mio compagno era un condensato bellissimo di verità. Mi emozionò e mi colpì allo stomaco.
Il mio, a confronto, era una minestrina scialba e innocua, riscaldata da uno che non sa niente.

E allora dissi a me stesso due cose.
La prima: che non avrei mai più scritto cose che non pensavo.
La seconda: che quel mio compagno di classe era un grande.