12/09/14

Although of course you end up becoming yourself



Quel giorno di settembre del 2008 giravo per casa, quando mi arrivò un sms. Un amico a cui avevo consigliato i libri di Wallace aveva letto la notizia prima di me. Il messaggio diceva solo (giustamente senza fronzoli): «Stanotte si è impiccato DFW».

C’è stato un periodo nelle nostre esistenze in cui aspettavamo David Foster Wallace, perché lui era lì a scrivere, ancora vivo, contemporaneo e in vari modi presente, in vari modi e moltissimo. Poi Wallace è morto e sappiamo cosa è successo.

In quanto morto, e per di più suicida, è stato celebrato, pianto, applaudito. E in quanto celebrato e pianto, è stato odiato, criticato o irriso da molti scrittori mediocri e da alcuni scrittori non sempre mediocri come Bret Easton Ellis.
Normale, mi direte. La notorietà comporta questo: si diventa bersaglio, sia delle lodi che delle critiche, e per diventare un bersaglio più facile si viene ridotti a un concetto o due, a un’idea semplice, per diventare lo scrittore suicida punto, oppure quello della barzelletta dei pesci che non sanno cosa sia l’acqua, oppure quello delle note lunghe.

Il fatto è che c’è come una costante, legata in particolare al nome di Wallace fin da quando era vivo: poiché la sua opera sfugge a certi incasellamenti tradizionali, poiché sperimentava, osava, esagerava e non disdegnava di giocare con il nostro linguaggio verbale e mentale, non tutti ci sentiamo in dovere di rinunciare a certe nostre assuefazioni e consentirgli di mostrarci delle alternative al nostro modo abituale di leggere.
E poi la bravura dà fastidio. La bravura altrui spinge molti a prendere le distanze non appena viene notata da troppa gente. Per cui, man mano che il nome di Wallace diventava più noto, molti sono passati dalla moda di considerarlo un grande, alla moda di denigrarlo come un autore sopravvalutato.
A volte sono le stesse persone. A volte sono scrittori, critici, editori.

Forse anche per questo io, dal 2008, ogni 12 settembre mi ritrovo a riflettere su quanto sia pericoloso credersi perennemente intelligenti.
Quando mi arrivò quell’sms dovetti sedermi e restare lì per qualche minuto. Wallace si era impiccato e non ricordo cosa pensavo, ma so che non era niente di intelligente. Mi sentii stupido. Mi sentii infinitamente stupido ed era giusto così.