16/02/12

be-pop

Il post che ha inaugurato be-pop, il blog di Perdisa Pop - dove cerco di dare un'idea dei miei progetti editoriali, alla luce di alcuni dati sulla situazione italiana all'inizio del 2012.



Un paio di mesi fa ero a tavola con un giornalista di “Libero”. Si trattava di una cena con diverse persone, in chiusura di una manifestazione letteraria che ospitava scrittori ed editori.
Assediato dalle accuse che potete immaginare, il giornalista aveva una strana linea difensiva: si limitava a informarci (sic) che il suo giornale è un ottimo giornale.
Io ho continuato ad ascoltarlo con la distrazione adeguata – fortunatamente il cibo era buonissimo – almeno fino a quando ha detto la frase: «Essere bravi giornalisti significa anzitutto saper vendere giornali».
Tralasciamo l’ovvia confusione tra giornalista e giornalaio e concentriamoci su qualcosa di più interessante.
A queste parole, i presenti hanno istantaneamente abbassato gli occhi per riflettere con mestizia. Erano scrittori, erano editori: sapevano cosa vuol dire non riuscire a vendere.

La mia grande premessa è che, da qualche anno, l’editoria italiana agisce in modo bizzarro. Potevo usare altri aggettivi, ma bizzarro mi sembra il più appropriato per il discorso che segue.
Siamo agli anni ’10 ed è ormai chiaro che, a un certo punto della storia occidentale, ha preso piede un Grande Equivoco: l’idea malsana che l’unità di misura del lavoro fatto bene fossero gli incassi («se il prodotto è buono si venderà»; «se si vende vuol dire che è buono»). Che si tratti di telefonini o libri, di biscottini o creme idratanti, i cartelli con la scritta Il più venduto ci hanno fatto credere per troppo tempo che più venduto volesse dire migliore.
L’idea che il popolo degli acquirenti sia composto in larga parte da capre è stata alla base del commercio per molti anni. E diciamolo: è stata vincente. Ha creato imperi economici, radunato greggi agli ingressi dei negozi che vendevano le cose più inutili e, da qualche tempo, è arrivata anche nelle case editrici, come per diritto di efficacia.
Riassumendo per chi in questi anni fosse stato distratto, diciamo solo che gli editori più potenti hanno in pratica comprato tutta la baracca (promotori, distributori e librerie) e, sfrattando gli indipendenti, sono riusciti a monopolizzare di prepotenza lo stesso panorama letterario.
La situazione è triste e la faccenda non è mai stata così seria, perché se da un lato editori e librerie indipendenti muoiono, dall’altro ciò che resta sono libri al limite della decenza, e a volte oltre il limite, essendo concepiti come prodotti per le suddette capre. Solo che, a quanto pare, fregare i lettori veri non è così semplice.

Nel 2011 sono stati calcolati settecentomila lettori abituali in meno rispetto all’anno precedente, un crollo importante. Verrebbe da pensare alla crisi economica, all’incidenza della tivù, al fatto che la gente compra meno in generale, ma il dato Istat non si riferisce al crollo delle vendite, parla di lettori abituali in fuga.
Un altro dato parla di quasi mezzo milione di e-reader apparsi sul mercato in pochi mesi. Se lasciamo perdere il solito sì-però-l’odore-della-carta e ipotizziamo per un attimo che i libri sia più bello leggerli che sniffarli, gli esperti dicono che il dato potrebbe – e sottolineano potrebbe – essere positivo, indicando un numero crescente di persone che sceglie le proprie letture non più in libreria ma sul web. Chi può dire, però, per quali testi verranno usati tanti e-reader?

Questo blog nasce lo stesso anno in cui Perdisa Pop decide di dimezzare i propri titoli annuali. L’editoria è in rapida e confusa trasformazione. La crisi economica non è facile da distinguere – nemmeno concettualmente – dalla strage dei piccoli operata dai grandi, e neppure dalla crisi culturale, che in prospettiva mi sembra quella più grave.
Circolano molti altri dati, e non è detto che siano attendibili, né è facile usarli per fare previsioni. Alcuni poi ci mancano, come quelli di Amazon, che intanto minaccia di essere uno dei principali concorrenti dei venditori tradizionali.
Ma se parliamo di cultura letteraria – come spero che faremo qui – credo che la battaglia non sia ancora persa. Il web ci promette da anni una diversificazione dei contenuti che forse stiamo già sfruttando più di quanto ci sembri.

Da parte nostra, in questo spazio cercheremo per quanto possibile di dare voce a molti autori e a belle idee, con articoli, approfondimenti e testi di vario genere. Lo faremo con calma, senza esagerare in quantità, con cura e credendo in ogni testo, che è poi lo spirito con cui facciamo gli editori.