19/07/15

Alcuni mesi fa

Alcuni mesi fa io e Paola eravamo in giro, quando è venuto a piovere forte. Sotto l’acquazzone abbiamo aperto i nostri ombrelli e ci siamo incamminati verso casa.
Via Garibaldi ha iniziato ad allagarsi sotto i nostri piedi. Paola era al sesto mese di gravidanza e quindi non potevamo metterci a correre, né potevamo camminare troppo veloce per non correre il rischio che scivolasse.
Non c’era quasi nessuno, in via Garibaldi. A parte un’altra coppia, pochi metri avanti, riparata malamente da un solo ombrello e addirittura più lenti di noi.
Stavamo per raggiungerli e superarli, nonostante fossero anche più giovani, perché il loro passo era impedito non solo dal fatto di avere un unico ombrello, ma soprattutto dalla ragazza, che portava un tacco da circo e un vestito tanto aderente da impedirle il passo.
Quando siamo arrivati a pochi metri da loro, un venditore di ombrelli africano si è avvicinato ai due, porgendo la sua merce.
A quel punto il ragazzo della coppia (anche lui vestito come un manichino della Standa) gli ha urlato: «Vattene». E quando quello si è allontanato, il ragazzo ha continuato a urlare: «Te lo spacco sulla schiena, quell’ombrello di merda».
Come ho detto, Paola era al sesto mese di gravidanza. E io l’ho vista: il suo primo istinto irrazionale, nel sentire quelle urla è stato portarsi le mani alla pancia, come per proteggerla. E l’istinto di proteggere Paola e il nostro futuro figlio ha preso anche me. Per cui, mentre il venditore di ombrelli si allontanava, abbiamo allungato il passo, per quanto possibile, e siamo tornati a casa.
Dopo, a casa, abbiamo notato tra l’altro quanto quel ragazzo avesse l’etica (e l’estetica) di un poliziotto in libera uscita. L’etica e l’estetica di un carabiniere. Ma soprattutto ci siamo chiesti cosa avremmo fatto, se Paola non fosse stata incinta. Cosa che ci chiediamo ancora oggi.
Da parte mia, vedo una specie di scena possibile. In questa scena possibile io mi fermo, mi avvicino a quell’idiota, non dico niente, gli strappo di mano l’unico ombrello che ha, glielo spacco sulla schiena io a lui.
Ma lo avrei poi fatto davvero?
Lo ammetto: in certi giorni sì, lo avrei potuto fare davvero. Ma credo che questo piccolo episodio – non diverso da altri che immagino possiate aver vissuto o visto anche voi – racconti in verità quanto siamo inermi. E racconta una mortificazione, di cui varrebbe la pena prendere atto: la mortificazione che deriva dal non aver fatto e detto niente, se non altro per far sapere a quel venditore di ombrelli che c’eravamo anche noi.